Non per soldi, non per fama

“Non per soldi, non per fama”
Vi capita mai di stringere la vostra reflex e cercare di capirne il potenziale?
Ogni weekend, ogni giorno, abbiamo in mano uno dei mezzi di comunicazione più potenti, incisivi, evocativi che siano mai stati creati.
Perché in una frazione di secondo noi raccontiamo storie, idee, emozioni, avvenimenti, ricordiamo qualcosa che negli anni rimane e che non ha bisogno di parole , di voce e spiegazioni.
E’ come se indossassimo dei guantoni da boxe per assestare il colpo più violento della storia.
Purtroppo però questa corsa all’immagine ci sta facendo dimenticare il fine ultimo della fotografia: emozionare, ma anche emozionarsi.
Viviamo nell’epoca in cui, con uno scroll, i social ci vomitano addosso centinaia di immagini senza senso, senza logica, senza emozioni, senza un pensiero e senza un’idea, l’epoca dei contenuti uguali ed omologati fatti solo per la notorietà.
Allora mi chiedo, a cosa serve tanta fatica? A cosa serve studiare, innovarsi, sperimentare se poi il vuoto ci sovrasta?
Personalmente la fotografia è uno sfogo, è una necessità, è quella di riuscire a raccontare cose che faccio fatica a dire a voce, è una via di fuga da un carattere spesso chiuso (anche se può sembrare il contrario), è l’unica via che conosco per farmi un pò di luce dentro.
E soffro, soffro quando vedo fotografi dell’ultimo secondo impegnati a fotografarsi con l’ultimo modello di corpo macchina o di obiettivo piuttosto che a capirne e spremerne tutto il potenziale. Soffro quando vedo una spasmodica corsa ai like intasando i profili con qualsiasi cosa sia pubblicabile senza badare alla forma, all’armonia, al significato e si mi incazzo a vedere che hanno più riscontri di chi con pazienza e dedizione cerca di arrivare a significati più alti e concreti, talenti che vengono snobbati da una massa sempre maggiore di persone, anestetizzate, indottrinate che non capiscono cosa hanno di fronte.
E mi chiedo ancora, vale la pena per chi non è nato Salgado o McCurry combattere con tutto questo?
A volte mi guardo allo specchio e mi interrogo su cosa sia ancora ciò che mi spinge a prendere quel respiro e a fare quel click, ad affinare la percezione del mondo e dell’uomo per trovare una sola foto che faccia, a me per primo, vibrare l’anima.
Non sono un grande fotografo, forse non sono nemmeno un fotografo ma cerco gelosamente di custodire ciò che la fotografia deve essere:
immagini che parlano e fotografi che restano nell’ombra della loro missione e non il contrario come voglio farci credere.
Gli amori non si tradiscono, dalle necessità non si può fuggire.
Mi sento e mi sentirò sempre più libero su una montagna a fotografare immagini che forse mai nessuno vedrà piuttosto che nella gabbia costruita dal mercato delle immagini e dall’ego.
E si, su quella montagna col vento in faccia e il sole sulla pelle credo ancora che, almeno per un pó, ne valga la pena.